Il ricorso al lavoro in nero lascia presumere l’esistenza di maggiori ricavi e legittima a ricostruire il reddito con l'accertamento induttivo.
In tema di accertamento tributario il ricorso al lavoro in nero, o più in generale ad assunzioni irregolari, legittima l’accertamento induttivo, perché sulla base di questa evidenza l’Amministrazione finanziaria può presumere che la contabilità sia complessivamente inattendibile. A stabilirlo è stata la sesta sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24250/2014.=> Scopri il nuovo piano dei controlli della GdF sulle PMI
Il caso
Il caso riguardava una società che aveva ricevuto un accertamento fiscale, calcolato con metodo induttivo, conseguentemente all’accertamento che aveva rilevato la presenza in azienda di tre lavoratori in nero. L’azienda aveva impugnato gli atti di fronte prima alla CTP (Commissione Tributaria Provinciale), poi alla CTR (Commissione Tributaria Regionale) e quindi alla Cassazione: in tutti i casi il ricorso è stato respinto legittimando l’Amministrazione finanziaria a ricostruire il reddito d’impresa con il metodo induttivo.
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Questo perché, secondo la Suprema Corte, l’accertata utilizzazione di lavoratori non risultanti dai libri obbligatori rappresenta una circostanza:
“Idonea a far ritenere complessivamente inattendibile la documentazione fiscale e a integrare la presunzione di maggiori ricavi non dichiarati”
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