Il penoso viatico di un’anziana sestese di
novantatre anni e della figlia che l’assiste
Così ha inizio questa lunga
vicenda: il 31 ottobre 2013, la figlia di un’anziana signora ultranovantenne,
riceve una telefonata della vicina di casa, che la avvisa che sua madre non
vuole assumere i farmaci, né fare colazione o vestirsi. Si spaventa a tal
punto, la vicina di casa, che solo a fatica riesce a farla accomodare sul
divano. Appena arriva la figlia, altrettanto allarmata, chiama subito il 118,
portando l’anziana mamma al Bassini di Cinisello, presso il reparto di
geriatria.
Dopo un'intera giornata d’attesa,
alle diciannove circa, si rende libero un letto. Dalle prime indagini, alla
anziana donna vengono riscontrati
problemi di fibrillazione atriale e un’anemia causata da cattiva nutrizione.
Durante il ricovero, nonostante le spondine al letto e il catetere vescicale,
per ben due notti, si alza per recarsi in bagno, cadendo per terra. La
segnalazione viene data alla figlia dalla degente che condivide la camera con
sua madre. Interpellata l'infermiera, la figlia della 93enne, si sente
rispondere che loro, le infermiere, non fanno da badante alla madre. Durante il
ricovero, la figlia, prende appuntamento con l'assistente sociale del
nosocomio, ed emerge dalla TAC, che l’anziana ha anche un tumore epatico
maligno, tanto che il primario prospetta l'idea di un ricovero presso una RSA.
Il 13 novembre 2013, la figlia
riceve una telefonata dall'assistente sociale dell’istituto geriatrico La
Pelucca che l’informa di stare cercando un'ambulanza per il giorno successivo,
perché l’anziana mamma sarà trasferita, di comune accordo con il Bassini,
presso l'hospice.
Il trasferimento doveva essere a
carico del servizio sanitario e, invece, ha dovuto pagarlo la familiare.
Al Bassini, due anni fa, è stato
inaugurato il reparto Hospice e, dunque, non si comprende perché, dal reparto
di geriatria, la donna non sia stata trasferita al 7°piano dello stesso
ospedale!
Dal 14 novembre, l’anziana
sestese è ospitata presso la Fondazione La Pelucca (in hospice). Primo
inconveniente: qualche giorno prima delle feste natalizie, all’anziana donna
sparisce la biancheria, e solo dopo una mail alla Presidente ricompare per poi
scomparire di nuovo.
«Faccio notare – afferma la
figlia – che a distanza di due mesi, a mia madre non sono ancora state tagliate
le unghie dei piedi». Questa la risposta: il personale infermieristico non è
abilitato per mansioni di pedicure, e dunque, devono fare richiesta a un
podologo. La spesa, però, va sostenuta da un familiare (?), e - aggiungono -
non gliele avrebbero tagliate perché ha le micosi e, loro, hanno paura di un
eventuale sanguinamento.
Segue fax della familiare allo
staff del Servizio Sociale e al Direttore, lamentando l’accaduto. Succede,
invece, che di comune accordo con il Medico responsabile dell'Hospice, senza
convocare la figlia dell’anziana donna, decidono di dimetterla per trasferirla
presso Multimedica, per nuovi accertamenti, ma con la promessa, che poi,
sarebbe rientrata all'Hospice.
Dopo circa due settimane, la
decisione dei medici di Multimedica è quella di dimettere l’anziana degente,
accusando l'Ospedale Bassini di aver sbagliato diagnosi. Dopodiché, sempre
all’insaputa della figlia, decidono di trasferire l’anziana presso la casa di
cura di Limbiate. Questa la motivazione: avendo bisogno di una cura
riabilitativa, la novantatreenne avrebbe dovuto recarsi, per quaranta giorni,
presso quella struttura. Questo, nonostante la dichiarazione di un medico,
secondo il quale, sia pure sorretta da due infermieri, l’anziana donna non
sarebbe stata in grado di sopportare un tragitto di 37 km.
Terminato il ciclo di cure, il
medico sostiene che bisogna trovare un'altra soluzione. «Questo – sbotta la
figlia dell’anziana donna – è davvero un classico esempio di malasanità. Se
solo si considerasse che di mezzo c’é una paziente di novantatré anni, e che
questo è il quarto trasferimento, a cui poi, magari, seguirà il quinto! Questa
cittadina non può essere considerata un pacco postale!».
Forse, si potrebbe anche pensare
che la colpa è da attribuire interamente ai servizi sociali comunali, come
dimostrazione di quanto sanno fare per rendere ancora più difficile la vita di
una persona già sofferente!
«Dopo quanto sta succedendo a mia
madre - aggiunge la figlia dell’anziana sestese - mi convinco sempre più, che
un siffatto trattamento si possa verificare, solo perché si è davanti a
cittadini disinformati o timorosi di reagire».
20 luglio 2014. Dopo l’ennesimo
trasferimento, la figlia dell’anziana si reca a visitare la madre a Limbiate;
la trova abbandonata a se stessa e sola, in corridoio, con le finestre
spalancate, che fanno passare corrente d’aria, mentre gli infermieri sono in
una stanza a ridere e scherzare. L’anziana condivide la stanza con un'altra
nonnina tutta intubata. «Ho come l'impressione – racconta la donna - che debba
arrangiarsi per suo conto, perché non è imboccata, e poi, a detta
dell'ausiliaria, rifiuta il cibo. La mia idea invece, è che quando, in un primo
momento, dovesse rifiutare il cibo, le infermiere, poi, non insistono più di
tanto per farla mangiare. Per farla breve, ho visto mia madre piangere e
ripetere che, date le condizioni, pregava di morire il più presto possibile».
Non è ancora tutto. «L’atto più
grave – aggiunge la figlia della 93enne -, è stato quando un infermiere
pretendeva di farmi firmare il consenso per il cosiddetto contenzioso notturno,
che voleva dire che, anziché mettere le spondine, avrebbero preferito legarla
al letto. Insomma, non essendo legale, al fine di non assumersi responsabilità,
hanno tentato di farsi firmare una liberatoria, ma non l’hanno spuntata».
«Il 22 luglio - dichiara la
figlia dell’anziana – spedisco un fax alla Direzione, per avere le spiegazioni
di quanto accaduto. Immaginate la sorpresa quando il Direttore afferma che mia
madre può rimanere ricoverata fino a metà settembre, mentre il Medico di
guardia, invece, aveva detto che, essendo poco collaborativa, poteva
addirittura essere dimessa dopo 10/15 giorni. A quale credere, tra due versioni
così contrastanti? Giorni dopo, però, rimango soddisfatta, perché a seguito del
colloquio con il Direttore, riscontro che nel frattempo, hanno spostato il
letto contro il muro e dall'altra parte, mettendo la spondina, mia madre si
sentiva più sicura. Anche il menù, intanto, era migliorato».
Dal 4 agosto e fino a metà
settembre (quando la donna doveva essere trasferita al Redaelli di Milano)
l’anziana era degente a Villa Bianca di Limbiate. Ambiente tetro, camere senza
bagno e con il solo il lavandino. Il personale, purtroppo, era carente, con
alcune infermiere un pò scorbutiche verso i familiari. I pazienti sono comunque
puliti quotidianamente nel letto, con le salviettine umidificate e ogni tanto,
é fatta loro la doccia in un bagno comune. «Qualche giorno prima di Ferragosto
- racconta ancora la figlia della malcapitata anziana - mentre asportavo la biancheria
sporca, notavo mancanza d’igiene, e il giorno seguente, accusavo prurito su
tutto il corpo, fino a mettermi in malattia e ad assumere antistaminici».
A fine novembre, alla presenza di
un testimone, un infermiere riferisce che prima di entrare nella camera,
bisogna indossare camice sterile e guanti, in quanto, nella medesima stanza,
c'è una degente portatrice di virus, senza mascherina. Finisce che, due giorni
dopo, la nostra cittadina sestese incomincia ad avere problemi intestinali e
così altra malattia! Stessa cosa si era verificata già a luglio e ottobre 2014,
e infine, a gennaio 2015.
Dopodiché, la figlia dell’anziana
donna sestese inoltra una raccomandata A/R, di opposizione alle ventilate
dimissioni della madre, e già dal 7 ottobre 2014, fa domanda di amministratore
di sostegno. Nonostante ciò, l'assistente sociale di Multimedica, le fa
recapitare una notifica legale, sostenendo che la stessa si disinteressa della
madre, facendola addirittura citare dal Tribunale di Milano (anzichè da quello di
Monza, di sua competenza territoriale), per il 25 febbraio 2015.
Il 17 marzo, la stessa, si reca
negli uffici di via Puricelli Guerra, a Sesto, presso l'ufficio preposto per
l'amministratore di sostegno, dove le consegnano un’altra notifica, con la
quale viene invitata a presentarsi, questa volta, al tribunale di Monza il
prossimo 25 marzo.
Così il calvario continua e non è
dato capire quando potrà finire!
Dallo Specchio di Sesto del 21
marzo 2015
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