Adriano ha la residenza a Ravenna come “senza dimora”. «Ai colloqui la mia epilessia spaventa. Resto tranquillo solo perché credo in Dio»
Da circa due anni ha iniziato a vivere in auto. In Romagna pensava che sarebbe stato più facile trovare lavoro. E invece si è dovuto accontentare solo di tre mesi in estate come tuttofare in un albergo di Milano Marittima. Poi nulla. «Ho fatto dodici colloqui nell’ultimo anno, ho tutte le mail che lo confermano, ma niente. Non è semplice con la licenza media e con la mia invalidità...». Adriano infatti è invalido civile per una forma di epilessia che non lo limita in alcun modo nella vita di tutti i giorni ma lo rende inadatto a certe mansioni. Nonostante i problemi di salute dorme al freddo ed è reduce da una brutta bronchite. «Ho le coperte ma spesso tengo l’auto accesa, per il riscaldamento». I dormitori presenti a Ravenna invece no, non li ha presi in considerazione. «Se mi capita una crisi epilettica posso essere un pericolo per gli altri, e poi al dormitorio può succedere di finire in mezzo a una lite tra ubriachi, insomma, cerco di stare per conto mio, senza dare fastidio a nessuno, senza farmi notare».
foto di repertorio
Ma la sua giornata tipo termina in auto e ricomincia nei bagni della stazione, passando per la Caritas a ritirare il pacco viveri («Quelle scatolette di fagioli mi ricordano i film con Bud Spencer...»). Poi in giro a piedi per il centro di Ravenna, soprattutto, a cercare una soluzione, che secondo lui è solo quella di un reddito minimo di cittadinanza. «Un reddito d’emergenza almeno per i senza dimora che sia accompagnato però da un progetto da parte del Comune che permetta a chi non ha più nulla e a chi lo voglia di essere reinserito nella società, anche solo inizialmente tramite lavori socialmente utili. O magari corsi di formazione per fare in modo che possano colmare il gap che si è creato fra loro e gli altri».
Intanto Adriano continua a fare la fila al centro per l'impiego, mandare curriculum e campare con gli ultimi euro della disoccupazione. «Che ora però non ricevo più. Anzi, voglio che sia chiaro, non ricevo un euro dallo Stato o dagli enti locali, niente. Ogni tanto la mia famiglia mi manda qualcosa, per far fronte alle emergenze, ma non possono fare molto di più e sono io che non voglio chiedere aiuto. Lavora solo mio padre che deve già mantenere mia madre e mio fratello più piccolo, disoccupato. Non potrei neppure tornare a casa (in Meridione, ndr), non c’è lo spazio, dovrei dormire sul balcone. E allora preferisco l’auto». E un telefono con cui almeno svagarsi. «Cerco di restare informato tramite internet, ascolto musica. Ho uno smartphone comprato nel 2011, quando ancora lavoravo, e spendo una decina di euro al mese».
Per il resto si affida alla fede. «Dio dice che ogni uomo deve darsi da fare, ma io credo di aver fatto il possibile. E credo che siano anche le istituzioni a doversi fare carico di casi come il mio». Per prima cosa servirebbero un lavoro e una casa. «Ho letto di città in cui vengono affidati appartamenti a senzatetto, anche qui mi pare che ci siano tantissime case vuote: mi basterebbero una stanza e un bagno, giusto per riprendermi la dignità»
FONTE RAVENNA & DINTORNI.it di Luca Manservisi
FONTE RAVENNA & DINTORNI.it di Luca Manservisi
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